Lesbica
Termine che indica le persone omosessuali di genere femminile, donne attratte prevalentemente o esclusivamente, da altre donne in maniera sessuale, emotiva e intellettuale.
In inglese accanto a lesbian viene usata l’espressione gay women.
Nella lingua italiana il termine è diffuso sia come sostantivo (“una lesbica”) che come aggettivo (“un donna lesbica”)
A differenza del termine gay che è un barbarismo di importazione inglese, lesbica è un termine italiano che denota originariamente le abitanti dell’isola di Lesbo dove visse la poetessa Saffo (VII secolo p.e.v.), che nei suoi versi esaltò la bellezza e l’eros tra donne.
Il termine, una volta usato in senso dispregiativo, è stato ripreso dalle donne omosessuali nel secolo scorso che ne hanno proposto un uso positivo in termini di rivendicazione e di orgoglio.
A differenza di gay o di omosessuale, che è sempre bene usare come aggettivi accanto a “persone” e non come sostantivi, lesbica può essere usato come sostantivo perché non indica solamente l’orientamento sessuale ma anche il processo di liberazione e autoemancipazione femminile delle donne che amano altre donne.
Sta alle donne decidere se usare o meno la parola “lesbica” come sostantivo. Nel caso di interviste o articoli è sempre bene chiedere alle dirette interessate come vogliono essere chiamate.
Durante gli anni 70 del secolo scorso essere lesbica è stato un tratto distintivo delle donne al di là dello specifico riferimento al desiderio omoerotico.
Tutte le donne infatti, anche quelle etero, hanno riconosciuto nel lesbismo un elemento di rottura con la costruzione sociale e patriarcale dei sessi.
Sottraendosi al desiderio del maschio le lesbiche attuano una autonomia che mette in discussione le idee stesse di maschile e femminile eteronormati (vedi) dove la donna esiste in funzione di e per il maschio.
Fino a qualche decennio le persone lesbiche venivano ancora definite come invertite, deviate, tribadi Uraniste, saffiche, urninghe. Rispetto i sinonimi di gay esistono meno termini per indicare l’omosessualità femminile. Una delle ragioni possibili di questo fenomeno è il maschilismo della nostra società che non dà pari peso e spazio alle donne anche a riguardo degli orientamenti sessuali.
Seguendo gli stereotipi di genere, le donne omosessuali sono state catalogate in
due tipologie opposte le Butch e le Femme. Cioè le lesbiche mascoline e quelle femminili.
Butch, che in inglese significa rude, cruento, omicida (il butcher è il macellaio) viene usato per indicare una lesbica con atteggiamenti ed abbigliamento mascolini.
Femme, donna in francese, indica invece una lesbica con atteggiamento ed abbigliamento femminili.
Nel mondo anglofono Butch viene usato per indicare anche (in contrapposizione a Sissy, femminuccia) quegli uomini gay che esasperano certe caratteristiche “virili”, come i baffi un vestiario e un atteggiamento da atteggiamento macho, ecc.
Come nel caso delle categorie di attivo e passivo per l’omosessualità maschile (vedi) questi termini sono usati dalle donne lesbiche non necessariamente come modelli identificativi ma come parametri di catalogazione del comportamento.
E’ facile riconoscere nella diade Butch-Femme il ripetersi delle diadi, maschiliste e patriarcali, maschio femmina (vedi ruoli di genere; binarismo di genere) e attivo/passivo (vedi).
Nonostante sia criticato e rifiutato dalla comunità lesbica e femminista che vede giustamente in questa dicotomia il perpetuarsi del maschilismo e del patriarcato i termini godono ancora di un relativo margine di utilizzo nella comunità omosessuale.
Questi termini sono da evitare per il portato ideologico discriminatorio me maschilista da cui nascono. Vanno usati solamente nel caso in un articolo non diventino oggetto di analisi e vanno comunque sempre contestualizzati e spiegati.
Negli Stati Uniti Butch può essere sostituito da Dyke che indica una lesbica molto visibile e dunque, secondo lo stereotipo patriarcale e maschilista una Butch, una donna mascolina, secondo l’antico pregiudizio che fa delle lesbiche dei maschi mancati.
Un corrispettivo nella lingua italiana molto meno ricca di quelle anglofone nei sinonimi di lesbica, è quello di vespa sinonimo di lesbica in generale con uno slittamento semantico verso la lesbica mascolina a partire dallo stesso pregiudizio giudicante.
Per la stampa rimane il consiglio di evitare l’uso di questi termini chiedendo sempre dove è possibile alle dirette interessate come si vuole ci si riferisca loro.
La parola lesbica, come aggettivo, e la sua versione abbreviata lesbo, così come il sinonimo saffico, va evitate, in tutti i casi in cui non denota l’orientamento sessuale di una persona.
I “baci lesbici, lesbo o saffici” sono epiteti discriminatori e da evitare sempre.
Le parole lesbica e gay vanno evitate sempre anche come aggettivi in tutti i casi non si riferiscono direttamente agli individui ma agli atti che le persone compiono (“baci gay”, “baci lesbici”) (“gli omicidi gay” “gli omicidi lesbici”) o eventi (“feste gay” “Feste lesbiche) o ambienti (“gli ambienti gay”).
Lo stesso vale per le “adozioni gay e lesbiche”: non sono le adozioni a essere “di un orientamento sessuale” ma sono, casomai, le persone che adottano a essere gay o lesbiche (ma ricordiamoci che esiste sempre anche la bisessualità).
Anche dire “le coppie gay” o le “coppie lesbiche” per indicare coppie dello stesso sesso non è sempre corretto, in quanto esistono donne e uomini bisessuali.
Più corretto dire quindi “coppie omosessuali” (che significa dello stesso sesso) o, meglio ancora, coppie dello stesso sesso (vedi matrimonio).
Per sottrarsi alla trappola semantica che privilegia il sesso nella parola omosessuale si sono coniati altri termini coi quali riferirsi all’orientamento sessuale gay e lesbico.