Bifobia
Omofobia, transfobia, lesbofobia, bifobia
Le parole omofobia, lesbofobia, bifobia e transfobia sono semanticamente ambigue perché, fobia, nella lingua italiana, significa paura irrazionale e incontrollata (dal greco “omoios” (stesso, uguale) e “phobos” (paura))
Nel caso dell’omofo-bi-lesbo-transfobia si tratta di un pregiudizio, di un’avversione, anche inconsapevole, ma sempre agita e mai incontrollata, per le persone non etero e per le persone con identità di genere non cisgender e/o non binaria.
La fobia per le persone LGBTQI+ può essere espressa in diversi comportamenti, dall’intolleranza alla discriminazione fino a vere e proprie parole (hate speech) o azioni d’odio (hate crimes), nei confronti di tutte quelle persone che non sono inquadrabili dentro il modello culturale dominante (eterosessismo, patriarcato) in maniera analoga al razzismo.
L’omo-bi-lesbo-transfobia viene agita in maniere e atteggiamenti diversi che ne individuano diverse forme.
Omo-bi-lesbo-transfobia pregiudiziale (basata cioè sui pregiudizi): tutte quelle convinzioni, personali e sociali, contrarie alle persone LGBTQI+. Per esempio essere convinti che gli orientamenti sessuali non etero siano una malattia invalidante (non lo sono, a detta dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sono una ormare variante del comportamento umano) o immorale o contronatura. Oppure ancora che le persone LGBTQI+ siano socialmente pericolose, che la manifestazione della loro affettività dovrebbe essere censurata e nascosta ai e alle minori, ritenere non legittime le loro rivendicazioni sociali e giuridiche. Sono dunque amo-bi-lesbo-transfobici anche opzioni e convinzione personali, nel momento in cui le comunichiamo pubblicamente, al lavoro o sui social.
Omo-bi-lesbo-transfobia discriminatoria (che riguardano cioè. una discriminazione agita): tutti quei comportamenti che diminuiscono o impediscono i diritti e la dignità delle persone LGBTQI+, come le discriminazioni sul posto di lavoro, nelle istituzioni, nella cultura. Non si tratta più solamente di esprimere una propria opinione ma di agire una discriminazione (acting out del sentimento discriminatorio) per ledere le persone LGBTQI+.
L’acting out di questo sentimento discriminatorio può arrivare agli atti di violenza fisica e psicologica (percosse, insulti, maltrattamenti) che sono inquadrabili come crimini d’odio.
L’omo-bi-lesbo-transfobia è il frutto consapevole o inconsapevole, ma sempre agito e mai subito, di un pregiudizio negativo nei confronti delle persone LGBTQI+.
Definire l’omo-bi-lesbo-transfobia come una paura irrazionale deresponsabilizza le persone che la agiscono imputandola a una oggettiva psicosi cancellano o sminuendone l’intenzione discriminatoria.
Considerare la persona che esprime o agisce omo-bi-lesbo-transfobia come persona in qualche modo malata o stupida o disinformata è un modo per minimizzare gli effetti negativi dell’omo-bi-lesbo-transfobia.
Ogni volta che un commento discriminatorio, una barzelletta infelice, una attuta sessista sono interpretati come episodi di goliardia e quindi non vengono adeguatamente contrastati ma in qualche modo giustificati si sta implicitamente incoraggiando e sostenendo il loro accadere e diffondersi.
Se l’opinione pubblica non prende una ferma posizione di contrasto questi comportamenti possono portare a un’escalation e a giustificare anche le forme di violenza fisica o verbale come dimostrato dalla piramide d’odio dell’Anti Defamation League (Adl), un’organizzazione non governativa internazionale ebraica con sede negli Stati Uniti d’America, che sottolinea la dinamica che dal pregiudizio porta alla discriminazione e ai crimini d’odio.
I pregiudizi sull’orientamento sessuale e l’identità di genere non colpiscono solamente le persone omosessuali, bisessuali o transgender (caratteristiche reali) possono colpire anche quelle persone che, pur non essendo davvero omosessuali o transgender, vengono ritenute tali da chi commette il crimine (caratteristiche presunte).
Per esempio nel 2015, nella città di Genova, un uomo è stato aggredito da sei persone perché ritenuto erroneamente gay. I pregiudizi sull’orientamento sessuale hanno effetto sull’intera popolazione.
Il pregiudizio può dunque colpire chiunque non solo in base all’effettivo orientamento sessuale ma anche solo per lo scarto del suo aspetto e comportamento rispetto le aspettative che derivano dal genere di appartenenza.
Lo stigma sociale collegato all’orientamento sessuale e all’identità di genere è così diffusa e pervasivo da essere introiettato anche dalle stesse persone LGBTQI+. Attenzione però a non vittimizzare le persone LGBTQI+ con una narrazione che sottolinei la responsabilità individuale dei sentimenti di odio nei confronti di sé e non indotte dalla pressione sociale.