Coming Out
Coming Out è la forma abbreviata dell’espressione statunitense Coming out of the closet, letteralmente “uscire dall’armadio (a muro)”, quindi uscire allo scoperto.
Si riferisce al momento in cui una persona non eterosessuale dichiara il proprio orientamento sessuale pubblicamente, sia in ambito familiare, che in quello delle amicizie o lavorativo (una persona può fare più Coming out prima con gli amici e poi in famiglia o viceversa).
Il coming out può riguardare anche l’identità di genere, nel caso delle persone transgender e non binarie, o le caratteristiche sessuali, nel caso delle persone intersessuali.
C’è ancora chi pensa che fare coming out sia una forma di ostentazione, ad esempio nel mondo sportivo.
Quando una persona omosessuale parla dei suoi affetti non sta ostentando la sua sessualità, proprio come fa una persona etero quando presenta il o la coniuge, o parla del fidanzato o della fidanzata.
L’ostentazione sta nell’occhio di chi guarda, non in chi vuole gridare al mondo il proprio amore o la propria identità.
Finché si darà per scontato che tutte le persone sono eterosessuali ci sarà bisogno di fare coming out.
Il 61% delle persone LGBTI in Italia non fa Coming Out, mentre il 62% dichiara di aver paura a stringere la mano al/alla partner per strada(dati FRA).
Attenzione però. Il coming out è un diritto non un dovere.
Nessuna persona deve sentirsi in dovere di fare coming out. È invece importante intervenire a livello sociale affinché non vi siano più ostacoli.
Il Coming Out non va confuso assolutamente con il termine “Outing”, che si riferisce a quando si svela pubblicamente, contro la volontà dell’individuo interessato, il suo orientamento sessuale.
Fatto di per sé discutibile l’outing è da considerarsi giustificabile come atto politico, quando serve a mostrare l’ipocrisia di un personaggio pubblico chi fa discorsi pubblici omofobi e nel privato ha un comportamento omoerotico.
Coming out e Outing non sono dunque affatto la stessa cosa e non possono essere usati come sinonimi.