18 Aprile 2025

Tempo di lettura: 5min

Sentenza UK, donne trans esistono, ma sono più discriminate

Rosario Coco

Le donne trans in UK avranno meno tutele, ma continuano ad essere riconosciute meglio che in Italia

Non è vero che nel Regno Unito le donne trans “non sono più donne”, o che la definizione di donna d’ora in poi sarà sempre legata alle caratteristiche sessuali. Le donne trans continuano ad esistere per la legge britannica e ad avere più tutele che in Italia, nonostante la brutta sentenza della Corte Suprema UK che apre scenari e sopratutto narrazioni discriminatorie che guardano agli USA di Trump, pur non essendo ancora a quel punto.

Gaynet ha monitorato i titoli dei media italiani su questa notizia: se ne salvano davvero pochi. Leggendoli sembra che da domani non si potrà più chiedere la rettifica del genere o che si inizieranno a revocare i passaporti.

Palazzo della Corte Suprema UK (Pinknews)

Chiariamo: non è vero che nel Regno Unito le donne trans siano state “cancellate”. La sentenza della Corte Suprema riguarda una lettura restrittiva di una parte specifica dell’Equality Act del 2010. In particolare, afferma che alcune tutele previste per le donne devono essere interpretate riferendosi alle donne assegnate femmine alla nascita, cioè le donne cisgender.

Queste tutele riguardano quegli spazi pensati come “monosessuali” come case rifugio, centri per senzatetto, spogliatoi, gruppi di supporto o servizi medici e psicologici rivolti esclusivamente alle donne. La sentenza nasce infatti dal tema delle quote,  da una legge scozzese volta ad aumentare il numero di donne nei pubblici incarichi, includendo le donne trans nelle quote femminili.

Le donne trans e il sistema di affermazione di Genere UK

Detto questo, le notizie e gli approfondimenti usciti non fanno quasi mai riferimento alle profonde differenze in tema di tutela legale dell’affermazione di genere tra Gran Bretagna e Italia.

Nella stessa sentenza si fa più volte riferimento al sistema britannico di riconoscimento del genere, in vigore dal 2004, che è molto più avanzato di quello italiano: una procedura amministrativa per ottenere il riconoscimento giuridico del genere (GRC), senza passare dai tribunali, attiva da vent’anni. Quando la vedremo in Italia?

Per chiarire quindi il punto, sì, esiste il rischio che in base a questa sentenza le donne trans vengano escluse da determinati spazi, specie considerando che in un sistema di Common Law le sentenze hanno un ruolo cruciale. Ma per la legge britannica, restano donne. È del tutto scorretto affermare che nel Regno Unito il concetto di donna sia stato ridefinito unicamente in base al sesso biologico.

Chi oggi in Italia esulta per questa sentenza, come la ministra Roccella o certe femministe, dovrebbe almeno leggerla fino in fondo: dovrebbe accettare anche le parti in cui si ribadisce la legittimità del GRC (Gender Recognition Certificate),  si confermano le tutele contro discriminazioni, molestie e aggressioni basate sull’identità di genere, l’equivalente di quello che il Ddl Zan voleva introdurre — e che molte di coloro che oggi applaudono questa sentenza hanno combattuto.

La ministra per le Pari Opportunità Roccella ha accolto favorevolmente questa sentenza (Foto L’Espresso)

Una brutta sentenza che ignora la discriminazione patriarcale verso le persone trans*

Detto questo, resta una brutta sentenza, che prova a scavare un solco tra donne cis e donne trans. È frutto di un clima culturale separatista e antiscientifico, fondato sulla narrazione tossica degli “uomini che rubano spazi alle donne”, che ignora come le donne trans siano anch’esse vittime del patriarcato e che punta a escluderle dalla sfera politica e democratica.

C’è una cosa che Rowling e le sue sodali (nella foto) non capiscono: una persona socializzata come uomo sin dalla nascita che a un certo punto afferma un’identità di genere femminile, agli occhi della cultura machista e patriarcale, tradisce la sua missione virile, cambia sponda verso il “sesso debole”, diventa pertanto un feticcio sessuale, un soggetto ambiguo la cui dignità è  intrinsecamente compromessa. Non si può fare la graduatoria di chi subisca più o meno il patriarcato. Ma senza l’alleanza e il riconoscimento reciproco tra queste forme di oppressione, non c’è via d’uscita. C’è solo il dividi et impera. Basti vedere chi esulta per questa sentenza.

Per quanto siano necessari correttivi, adattamenti pratici e percorsi di gradualità, è davvero insensato pensare che una donna trans voglia entrare in una palestra o in uno spogliatoio per molestare qualcuna. Perchè sta fuggendo anche lei da quel maschile tossico e opprimente.

Attiviste di For Women Scotland dopo la sentenza (Pinknews)

Il paradosso degli uomini trans

Il verdetto genera inoltre un grande paradosso: gli uomini trans, ad esempio, spesso con le loro barbe e il loro aspetto spesso indistinguibile da ciò che definiamo comunemente “uomo”, potrebbero ora rivendicare l’accesso alle “quote rosa” nei consigli comunali e in altre istituzioni, in quanto assegnati femmine alla nascita.

E poi c’è il fronte sportivo. È  inquietante l’idea che si decida chi può praticare sport in base alla sentenza di una corte suprema, quando tale competenza dovrebbe restare agli organismi sportivi, come il CIO, che vanno in tutt’altra direzione. A farne le spese non saranno solo le atlete professioniste, ma sopratutto bambini e bambine con varianza di genere, alle quali potrebbe essere preclusa l’attività fisica in momenti cruciali per lo sviluppo psico-fisico, come l’infanzia e l’adolescenza.

L’essenzialismo e la chiusura del cerchio

In fondo, l’idea che emerge è che alcune donne siano più donne di altre, e che alcuni bambini e bambine siano più degni di protezione rispetto ad altri.

Bisogna prendere atto che esiste un movimento femminista che ambisce a rifondare la femminilità sulla biologia, ignorando le stesse variabili naturali dei caratteri sessuali ma sopratutto ignorando il fatto che la sopraffazione maschile sulle donne si è sempre fondata sull’essenzialismo, sui concetti di maternità come prerogativa delle donne, sui concetti di forza fisica e virilità. Questo riposizionarsi in prospettiva subalterna nella gerarchia tra maschile e femminile, accettandola anziché metterla in discussione, porta queste donne a scagliarsi contro quel 3-6% della popolazione rappresentato dalle persone trans e non binarie, prima ancora che contro il patriarcato.

Sappiamo già dove porta questa strada: senza scomodare Trump, ce lo dimostra un certo presidente argentino, armato di motosega, che vuole abolire il reato di femminicidio perché, secondo lui, il genere non esiste, ma esiste solo il sesso biologico. E il cerchio si chiude.

 

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